Tuesday 9 May 2017

Marvel's Luke Cage and Iron First

Ok eravamo viziati, bisogna ammetterlo. Dopo Daredevil e Jessica Jones, ci si aspettava che la qualità degli show Marvel su Netflix non potesse essere scalfita.
Ci sbagliavamo.
Succede.
Luke Cage ancora regge, eh... anzi forse è anche fatto bene. Penso che sia colpa del personaggio, che è, diciamocelo, palloso. Un semidio d'ebano indistruttibile, che però non fa ridere - nè è discreto - come Thor, e ha come unica catch phrase "Sweet Christmas".
La storia è l'ennesima origin story, e l'establishment come vigilante di Harlem, condita con un po' di polizia corrotta, qualche trauma infantile e troppo black power. I cattivi sono macchiette al confronto con Kingpin o Kilgrave, anche se ammetto che Cottonmouth è divertente. Diamondback no. Basta con questa storia che i cattivi son cattivi perchè il babbo non gli ha comprato i cioccolatini da piccini (cit. dal commissario Montalbano).
Claire Temple resta una spalla piacevole, peccato per la love story mancata. Peccato, anche, che poi si travasi in Iron First senza che si capisca bene quale sia il suo ruolo, a parte quello di far conoscere i Defenders fra di sè. Boh, forse, in effetti, è un ruolo importante. Quindi via, se togliamo che il black power m'ha un po' rotto le palle (così come il girl power, gay power, cat power e via discorrendo), che il supervillan - Diamondback - faceva un po' cacare e che Luke Cage ha l'espressività di una montagna di carbone, lo show si merita un 6 e mezzo. Forse 7, se penso al tipo che gioca a scacchi nel barber shop.

Iron fist invece è un 4 regalato. Niente in quello show è fatto bene. Ma proprio nulla hanno azzeccato. Eppure era difficile sbagliare uno show basato su un guru di arti marziali che vuole salvare new york dai ninja cattivi, per di più quarta installazione di una linea narrativa di estremo successo e preambolo del crossover più atteso dopo la battaglia nel piazzale di decathlon di Civil War. In qualche modo ci sono riusciti a produrre un troiaio, con un mix letale di dialoghi a tratti francamente imbarazzanti, back story non sviluppata, passo di una lentezza disarmante e combattimenti mal coreografati. Non c'è un solo personaggio che sia sviluppato a dovere o un solo arco narrativo che abbia senso. Danny Rand passa in maniera totalmente bipolare dallo zen assoluto del maestro supremo di arti marziali, alle bizze del ragazzetto dell'uppereast side. Forse questo era lo scopo, mettere in scena questa doppia personalità, ma così non funziona. Era necessario sviluppare la back story in maniera un po' piu' completa di un singolo flashback, che ci hanno riproposto almeno 10 volte. Veramente poi gli avete fatto dire a cani e porci che lui è l'Iron First, l'arma immortale scelta per proteggere una dimensione celeste? Ma queste cose non erano segreti sacri? boh.
La storia de the hand è di per sè figa e ha del gran potenziale che spero venga sfruttato nei Defenders, perchè così mi ha solo lasciato amaro in bocca. Madame Gao, che già conoscevamo, ha il suo perchè e sappiamo già essere una cattivona, Bakuto invece si presenta come un tizio normale e flemmatico che poi si scopre essere un supercattivo. Ecco io la transizione proprio non l'ho colta. Trovo che sia rimasto uguale dall'inizio alla fine. E Davos e il cambio repentino di posizione? Davvero a Joy basta un caffè per convincersi a far fuori l'amico di infanzia Danny? Forse le vanno mandate altre m&m's. L'arco redentivo di Ward Meachum è quasi decoroso, mentre la  morte di Harrold Meachum proprio no: che voglion dire gli occhi rossi? Che verità avremmo dovuto capire dal flashback di mezzo microsecondo del drago della caverna? e infine, davvero Danny si porta la ragazza al monastero sacro come se andasse in interrail? ma, soprattutto, veramente va a scalare l'Hymalaya senza manco un piumino?