Sunday 30 September 2018

film recenti, diciamo usciti dal 2016 in poi n.3

Due settimane dalla prima visione di CMBYN, e ancora mi risuona nella testa. Ma ho scoperto che non sono sola. C'è addirittura un libro che raccoglie le opinioni di gente che è stata toccata da quel film. Quindi la follia è generalizzata e mi sento meno matta. Per consolarmi, mi sto cercando di guardare la filmografia di Timothee Chalamet che, beh, lasciamolo dire a  Jennifer Lawrence.

Hot summer nights (2017)
A parte TimmyT il film è un po' una cagata in termini di trama, ma piacevole da guardare per la regia, il montaggio e, se si vuole, il twist finale. La storia si svolge nell'arco di un'estate in una località balneare vicino Boston, dove Daniel (TC) decide di iniziare a vendere maria. Direi che il messaggio è che la droga fa male. Il cast è composto da tutta una serie di giovani attori emergenti ed è piacevole vederli recitare adesso, prima che inizino a fare film a alto badget e allora la loro recitazione sarà secondaria alle scenografie e effetti speciale. Sarà che ho passato gli ultimi anni a guardare blockbusters e non n'ho più, ma il cinema indie è al top della mia classifica attuale, come dimostreranno tutte le pellicole del 2016 che ho scelto.


Miss Stevens (2016)
Carinoooo. Una prof di inglese porta tre ragazzi a una competizione di recitazione, e, nell'arco di un weekend, i ruoli si mescolano e ognuno si apre e si capisce un po' di più. Delicato ed elegante, tocca temi profondi come la solitudine, gli irrisolti e la tristezza. E l'importanza di avere qualcuno che si cura di noi. Un altro pezzo di recitazione magistrale di Timothee Chalamet, mi sa l'ultimo per adesso, finchè almeno non trovo il coraggio di andare a vedere "Beautiful Boy". È su Netflix. È corto. Guardatelo.


Paris can wait (2017)
Due tipi, un francese e la moglie di un suo collega, viaggiano in macchina da Cannes verso Parigi, fermandosi ogni due minuti a godersi la strada, il cibo costoso e gli alberghi di lusso. Insomma una tortura. Romantica descrizione del clichè dell'Americana frettolosa e il Francese che si sa godere la vita, manda forte e chiaro il messaggio che quello che importa non è la destinazione ma la strada fatta per arrivarci. Solo che il messaggio lo sappiano già tutti (il casino è attuarlo) e il film è palloso dopo la prima mezz'ora.



Hidden Figures (2017)
"there is no protocol for women attending" "there is no protocol for man circirculating the Earth either, sir"
La storia di tre donne afroamericane alla NASA: Katherine Johnson (Taraji P. Henson), Dorothy Vaughan (Octavia Spencer) and Mary Jackson (Janelle Monáe) che lavorano dietro le quinte per i calcoli necessari al lancio dell'astronauta John Glenn (Glen Powell) in orbita. Meraviglioso. Un'altra pellicola a cui ho pensato per giorni, questa volta non sul piano personale, ma su quello, che mi è altrettanto caro, dei diritti umani e delle donne, del diritto all'uguaglianza e riconoscimento del lavoro svolto. E, come valore aggiunto, la NASA è sempre la NASA ed è a mezz'ora da casa mia. Ci vado in bici, a volte.

Se il cinema è uno specchio dei tempi, e i tempi sono quelli che sappiamo, gongoliamoci nella speranza che questa generazione di leader se ne vada alla svelta e lasci spazio all'audience di questi film.

Wednesday 26 September 2018

film recenti, diciamo usciti dal 2016 in poi n.2

Faro' del mio meglio per ottimizzare e sfruttero' questa mia assolutamente deprimente pausa pranzo davanti al PC, fra una grant e un paper. Colonna sonora di Call me by your name in cuffia. Una addiction e' un'addiction.

The Ottoman Lieutenant (2017)
Vedi ieri per cast contente attori di GoT. Qui abbiamo Michiel Huisman (Daario Naharis). Ampiamente criticato da tipo tutti (18% su Rotten Tomatoes) per by-passare un tema delicato come il genocidio armeno con una storiella d'amore, a me il film di per se non ha fatto del tutto schifo. È appunto una storiella d'amore ambientata durante la prima guerra mondiale. È un limite mio, non riesco a incazzarmi con un film per inaccuratezze storiche, anche se mi rendo conto che non fare menzione del genocidio armeno per mano del governo ottomano non sia da mettere sullo stesso piano di qualche dettaglio sbagliato nello show dei Medici. Insomma se non avete di meglio da fare e siete al quinto film su un volo per l'Australia e avete visto tutto il resto, che vi dico... la fotografia non e' male.



Battle of the sexes (2017)
Figo.
Io, ignorante come un ciuco, non sapevo manco chi fosse Billie Jean King (Emma Stone), ed a questo serve appunto il cinema: a colmare vuoti di ignoranza. Per chi e' ignorante come me, Billie Jean King era una tennista professionista, che ha vinto un sacco di roba e che, nel 1973, a 29 anni, vince la cosidetta battaglia dei sessi, dove si scontro', battendolo, con Bobby Riggs (Steve Carell), qui a Houston! Il film e' la storia di quella memorabile partita, combattuta principalmente per contrastare il sessismo, sia verbale che quantifiabile in gap di salario, presente allora (e ancora, viste le ultime scene miserrime con/su Serena Williams) profondamente nel tennis. BJK e' anche gay, e pare sia stata una delle prime atlete di fama mondiale a fare coming-out. Un altro film, quindi, che tocca temi LGBT e, attualissimi, di diritti delle donne, uguaglianza fra sessi, razze e orientamenti sessuali. The time is up, people! Se non sei un maschio bianco etero, e' il tuo momento per incazzarti e far sentire la tua voce. Se sei un maschio bianco etero e' invece il tuo momento di a) stazzitto, b) sostenere chi ti urla accanto.


Three billboards outside Ebbing, Missouri (2017)
Acclamato dalla critica, e' la storia di una madre che, per spronare la polizia locale a far luce sull'omicidio della figlia, appende tre cartelloni appena fuori dalla citta' di Ebbing, in Missouri, incitando il capo della polizia a muovere il culo e indagare. I tre cartelloni scatenano tutta una serie di reazioni, piu' o meno legittime, della popolazione locale, di cui il film fornisce un ritratto crudo, violento e realistico. Bah. Mi e' forse sfuggito il messaggio, ma a parte dipingenre il MidWest a tinte fosche, tanto da far passare la voglia di uscire dal Texas, non mi ha detto granche'.


Ferdinand (2017)
E' un cartone su un toro a cui piacciono i fiori e non vuole fare la corrida. A Fabio e' piaciuto parecchio. (Ok penso che il messaggio sia che l'abito non fa il monaco).



E con questo si conclude il 2017 (almeno che non mi venga in mente qualcos'altro).
Per farla breve: guardare assolutamente Call me by your name, Lady Bird e Battle of the Sexes.
Il resto puo' aspettare Netflix.



Tuesday 25 September 2018

film recenti, diciamo usciti dal 2016 in poi n.1

"Call me by your name" meritava un post a parte perchè è schizzato definitivamente in vetta alla mia classifica personale di film-che-creano-dipendenza (non mi succedeva di entrare in loop così tanto dall'ultima puntata di GoT).

Tutto il resto puo' essere raggruppato in una serie di post che dividerei nel seguente modo
4 film a post con relativi trailer (prego!)

- film recenti, diciamo usciti dal 2016 in poi
- film per i quali sono arrivata dopo i fohi ma menomale m'è girata di guardare
- supereroi

Allora cominciamo al 2017-2018 - Superoi esclusi

Lady Bird (2017)
Iniziamo con squilli di trombe e rulli di tamburi questa sfilza di film visti dalla Fede. Lady Bird, che ha fatto il record su Rotten Tomatoes con il 100% per non so bene quante settimane di fila, è in effetti una bella produzione. Soirse Ronan, come al solito, fa da sola il film - o meglio il film è un elogio alla sua bravura. La storia racconta le vicende di una ragazza di Sacramento, CA, all'ultimo anno delle superiori, che semplicemente vive gli alti e bassi dell'ultimo anno delle superiori, in una scuola cattolica di una cittadina ai piedi della grande città (San Francisco). Le scene si susseguono fra litigi con la madre, scelta del college, fidanzati, gioie e dolori. Far finta di essere quello che non si è. Sentirsi in trappola perchè si crede che la vita sia altrove, e accorgersi 2 min in ritardo che invece casa era casa. No, non mi ci ritrovo, se a qualcuno interessa. Per me la vita era davvero altrove, non a Pistoia.



Love, Simon! (2018)
È chiaramente il grande momento dei film LGBT - e menomale che lo è. Mi pare di aver fatto presente di guardare assolutamente Call me by your name - per la cronaca, non mi esce di mente. Moonlight, che non ho ancora visto, ha pure vinto Oscar. Come ha detto Guadagnino in una intervista, almeno un pezzo di mondo colto è pronto all'uguaglia e il cinema si muove con esso. Non so se qualcuno si ricorda lo scandalo che creò Brokeback Mountain nel 2005. Niente di tutto questo sta succendo adesso, e, scusate, ma questo mi rende un minimo di fiducia nell'umanità, persa alla fine del tre elezioni del 2016.
Love, Simon! è una commedia, con recitazione e regia da commedia, ma tocca temi seri e assai attuali come il cyberbullismo, il coming-out alla scuola superiore e la voglia legittima di uscire allo scoperto e vivere una grande storia d'amore. Imperdibile? No. Piacevole? Assai!


King Arthur: Legend of a sword (2017)
Da quando Game of Thrones è Game of Thrones, qualunque produzione britannica che voglia avere almeno una possibilità di pareggiare al botteghino, mette nel cast almeno un paio di attori di GoT, così la gente come me magari guarda il film. Qui abbiamo Littlefinger e Rose Bolton. Perchè, diciamocelo, nessuno sentiva il bisogno dell'ennesima produzione su re Artù. Detto questo, il film fa del suo meglio per settare un tono diverso da qualunque storia di Camelot vista in precedenza, con dialoghi veloci e quasi in rima, scene confuse e accattivanti che non ti lasciano il tempo di riprendere fiato, mostri improbabili e merlino donna. Ma il risultato finale è meh. Ma guardatelo, se siete in crisi da GoT, perchè abbiamo battaglie a gogò, accenti alla Winterfell e musiche celtiche. Un fix vale l'altro.



The space between us (2017)
L'idea del ragazzino nato su Marte, cresciuto da scienziati, supergenio, che trova la ragazza sulla Terra e prende un razzo per andare a incontrarla era pure figa. Il film di per se non è tremendo, ma, come Passengers, scade un po' troppo alla svelta in una romcom iperspaziale, estremamente prevedibile e un attimo mielosa. Sull'aereo OK, ma non vale la pena di spenderci un soldo.


E con questo si conclude il primo blocco di 4. A domani. E guardate Call me by your name. Alla TV più grande che avete, non come me, scema, che l'ho guardato sull'iPhone.


Saturday 22 September 2018

Call me by your name

Ho cominciato al ritorno da Firenze. Non sentivo nulla. Ho smesso e guardato altro.
A ritorno da Seattle non c'era di meglio. Ho ricominciato.

I am so glad I did.



"Call me by your name" di Luca Guadagnino è un capolavoro, e non sono più così tanto di bocca bona con i film come un tempo. È uno di quei film che che ti toccano tutte le corde, quelle del cuore, quelle della pancia e, per una cresciuta in Italia negli anni 80, quelle insidiose della memoria.
Di un tempo che fu, che è durato poco e che speravo passasse in fretta. Di una casa molto simile in campagna (Toscana e non Lombarda, ma poco conta), delle giornate lente di estate, tutte uguali eppure così piene di odori, sapori, sensazioni. Magari era la fine degli anni 80 e non l'inizio, magari c'era qualche differenza di orientamento sessuale.
Il film è un capolavoro sotto ogni singolo aspetto: la scenografia, la fotografia, la recitazione, la trascrizione del libro (Oscar vinto per l'appunto), la colonna sonora, la cura dei particolari. Elio che legge Diabolik (noi leggevamo Topolino e Tex), la 126 verde (babbo aveva la Uno blu), le bici pesanti, l'uovo a colazione, il succo di pesca, la frutta strappata dall'albero. I cartelloni del partito socialista, Bettino Craxi al governo e Grillo che lo sfotte (un vero tocco di classe - il film è del 2017). I libri vecchi, che cadono a pezzi, letti nelle ore calde del giono su materassi polverosi. La sera al bar. La festa di paese, con quello che ti piace che bacia un'altra. Il flirtare sfrenato. Il non avere assolutamente nulla da fare a parte innamorarsi. L'essere spesso più innamorati dell'amore che di qualcuno per davvero. Il diario. E poi innamorarsi per davvero di uno e avere un treno che te lo porta via.
In anni diversi, a età diverse, penso di aver provato tutto lo spettro di quelle sensazioni, e le ho riprovate tutte attraverso gli occhi di Elio, interpretato magistralmente di Timothée Chalamet. E a 44 anni appena compiuti, madre di due bambini piccoli e un lavoro a tempo pieno, son è sempre bene perdersi nei ricordi, perchè poi uno vorrebbe avere il tempo di stare zitto e isolarsi dal mondo, riguardare il film un milione di volte con le cuffe alle orecchie, e cercare di ricordare. E non sempre ha questo lusso.



"Call me by your name and I'll call you by mine" è la stata la frase di chiusura del matrimonio di due miei cari amici. Niente era più appropriato, ma il loro matrimonio merita un post a parte. Quando avrò tempo.