Saturday 22 September 2018

Call me by your name

Ho cominciato al ritorno da Firenze. Non sentivo nulla. Ho smesso e guardato altro.
A ritorno da Seattle non c'era di meglio. Ho ricominciato.

I am so glad I did.



"Call me by your name" di Luca Guadagnino è un capolavoro, e non sono più così tanto di bocca bona con i film come un tempo. È uno di quei film che che ti toccano tutte le corde, quelle del cuore, quelle della pancia e, per una cresciuta in Italia negli anni 80, quelle insidiose della memoria.
Di un tempo che fu, che è durato poco e che speravo passasse in fretta. Di una casa molto simile in campagna (Toscana e non Lombarda, ma poco conta), delle giornate lente di estate, tutte uguali eppure così piene di odori, sapori, sensazioni. Magari era la fine degli anni 80 e non l'inizio, magari c'era qualche differenza di orientamento sessuale.
Il film è un capolavoro sotto ogni singolo aspetto: la scenografia, la fotografia, la recitazione, la trascrizione del libro (Oscar vinto per l'appunto), la colonna sonora, la cura dei particolari. Elio che legge Diabolik (noi leggevamo Topolino e Tex), la 126 verde (babbo aveva la Uno blu), le bici pesanti, l'uovo a colazione, il succo di pesca, la frutta strappata dall'albero. I cartelloni del partito socialista, Bettino Craxi al governo e Grillo che lo sfotte (un vero tocco di classe - il film è del 2017). I libri vecchi, che cadono a pezzi, letti nelle ore calde del giono su materassi polverosi. La sera al bar. La festa di paese, con quello che ti piace che bacia un'altra. Il flirtare sfrenato. Il non avere assolutamente nulla da fare a parte innamorarsi. L'essere spesso più innamorati dell'amore che di qualcuno per davvero. Il diario. E poi innamorarsi per davvero di uno e avere un treno che te lo porta via.
In anni diversi, a età diverse, penso di aver provato tutto lo spettro di quelle sensazioni, e le ho riprovate tutte attraverso gli occhi di Elio, interpretato magistralmente di Timothée Chalamet. E a 44 anni appena compiuti, madre di due bambini piccoli e un lavoro a tempo pieno, son è sempre bene perdersi nei ricordi, perchè poi uno vorrebbe avere il tempo di stare zitto e isolarsi dal mondo, riguardare il film un milione di volte con le cuffe alle orecchie, e cercare di ricordare. E non sempre ha questo lusso.



"Call me by your name and I'll call you by mine" è la stata la frase di chiusura del matrimonio di due miei cari amici. Niente era più appropriato, ma il loro matrimonio merita un post a parte. Quando avrò tempo.

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